venerdì 28 agosto 2015

50 in un Tir e 51 in mare

50 nella stiva di un Tir e 51 in mare


Ho più di tutto.
Ho davvero tutto.
Materiale e immateriale.
Ho persino una barca e il senso dell’umor e ho anche un nonno di 92 anni.
Ho tutto davvero.
Ho anche più di tutto.
Il lavoro? Anche… un mese si e uno no ma è tanto.

Ed è questo “tutto” che mi rende complice della guerra silenziosa di ogni giorno.
Una guerra di rabbia che riesuma il razzismo.
La guerra tra poveri che usa armi avvilenti.
Usa le parole sui social , quelle parole di astio .
Frasi contro le razze umane, mascherate da frasi di buonismo e comprensione, borbottate tra un ombrellone e l’altro, tra un drink e un piatto di frutta fresca.
Recriminazioni e sguardi di pietà si alternano come un peeling e un massaggio drenante.

Razze…
Bastardi o di razza.

Ho tutto.
Ho davvero tutto.
Persino creme anti rughe e la possibilità di scegliere cosa mangiare, ho tutto. Anche più di tutto.

Anche il cinema all’aperto e i soldi nel portafoglio e le monete per il parcheggio e per i lavavetri che un giorno odiamo e il giorno dopo compatiamo.
Compa’-ti-amo!

Ho molte paia di scarpe e denti bianchi e progetti.
E non sono mai entrata nella stiva di un Tir con altre cinquanta persone che scappano da una guerra e poi soffocano in autostrada tutte insieme in un Tir , nella stiva di un Tir.
E muoiono con gli occhi pieni del luogo da cui sono scappate, la loro terra, i loro familiari, e scartano tra i ricordi quelli più belli per morire con loro.
Nella stiva di un Tir in cinquanta abbandonati in autostrada.
Mentre altre cinquantuno persone su una barca, sotto una barca.
Non la mia barca, non il motoscafo del vicino o la barca a vela del proprietario della casa di fianco o il gommone bianco di dieci metri del milanese. No.
Un barcone capovolto.
E sotto altre cinquantuno persone che ingoiano acqua buia, perché il buio deve fare davvero paura quando nel mare aperto non c’è luce nessuna luce nessuna speranza e l’acqua gonfia, uccide, ed è gelida di notte lontano da qualsiasi riva di qualsiasi stato con le solite dogane .
Il mare accoglie e non restituisce.

Ho davvero tutto, anche la possibilità di lamentarmi .
E mi lamento.
Di tutto.

E non posso che ripetermi in testa una frase: abbiamo il dovere di essere felici, la responsabilità di esserlo. Noi che abbiamo tutto.

Eppure.

Mi sento così misera.

Sorriderò per voi 101


Fanculo capi di stato Fanculo esseri umani che limitate gli spazi e attribuite nomi a pezzi di terra, del pianeta Terra.


L’illusione continua fino ad un certo punto poi finisce e si muore.

Tutti.

venerdì 17 luglio 2015

Lui? - brevi racconti asessuali

Lui?

Nelle case c’erano sempre troppi rumori.
Troppe voci. Troppe case.
Una famiglia rumorosa.
Lui non era come lo descrivevano a ogni pranzo a ogni festività, eppure sorrideva e annuiva. Lui non era un uomo.
Gli piaceva nascondersi in abiti morbidi sotto capelli puliti e scarpe comode.
Gli piaceva, di nascosto anche da se stesso, sfogliare i settimanali di moda e osservare le pubblicità nei minimi particolari dal nome del fotografo, al brand al nome del modello e della modella.
Così con una inutilità precisissima .
Gli piaceva l’ombra in spiaggia.
L’acqua scivolare tra le pietre.
Non era di certo un tipo allegro e simpatico.
Suo fratello maggiore era un portento, un vulcano di energia, un comico.
Tutte le ragazze gli stavano intorno e ridevano e lo abbracciavano e lo cercavano.
Suo fratello era pura vita.
Lui la vita la osservava.
La pelle, la sua pelle, così trasparente, e le mani morbide senza segni.
Suo padre era stato un medico generico, un ometto con gli occhiali e la riga di lato.
Lui non aveva studiato molto, leggeva ma ogni libro lo dimenticava subito dopo averlo letto.
Sosteneva di avere un problema serio al cervello nella zona della memoria. Nel lobo temporale…del tempo.
In realtà non aveva la ben che minima voglia di affezionarsi a nulla e a nessuno.
Sognava di essere l’opposto di quello che era, di avere muscoli e peli e barba e di essere sporco e puzzolente.
Di tatuarsi tutto il corpo, e avere i segni dell’abbronzatura tra le dita dei piedi, nelle infradito.
E invece sentiva di essere destinato a somigliare al padre. Un ometto composto.
Suo fratello a volte tornava da qualche partita di calcio o di basket sudato e affaticato .
Lui in piscina nemmeno sudava.
Si chiedeva a quale orientamento di genere appartenesse.
Ma Lui non aveva neanche il senso dell’orientamento.
Sarebbe stato facile anche solo averla una sessualità , una qualsiasi.
E invece stava lì a contemplare ciò che non era.
E ciò che non sarebbe mai stato.
Le uniche volte in cui si sentiva un animale era quando faceva l’amore.
Raramente.
Perdeva completamente la percezione di avere un corpo che non era esattamente il suo.
Si accorgeva vergognandosene che faceva sesso per possedere altri corpi e mettere da parte il suo indesiderato corpo perfetto.
Perfetto per altri.
Le ragazze gli dicevano che era come una scultura di sabbia.
E a lui queste affermazioni provocavano nausea.
Dov’era andato a finire il suo testosterone?
Aveva provato ad essere più trasandato ma lo paragonavano con tenerezza a qualche musicista grunge finto straccione.
Non c’era verità nei suoi travestimenti non aveva mai pensato di spararsi in testa né di spaccare chitarre su palchi affumicati in paesi di provincia con la nebbia.
La musica la usava come colonna sonora nei viaggi.
Lunghissimi viaggi in macchina.
Da solo.
Guidare per ore e ore era un altro modo per sentirsi fuori da se’.
Alla continua ricerca di distrazioni da se stesso.
La droga no, non poteva andare bene.
La droga usa chimicamente il corpo e il suo corpo non doveva esserci.
Odiava avere i bisogni del corpo, bere pisciare cacare e mangiare.
Odiava anche sentirsi così psicopatico.
Si annoiava della compagnia di se stesso perciò osservava il resto.
Suo fratello era un calzino rivoltato ,tutto proteso verso l’esterno in chiacchiere urla risate e racconti e sudava e correva e non stava mai fermo, suo fratello.
Aveva studiato anche le forme di energie , quelle cazzate sulle varie tipologie di energie che emettono gli umani .
Se l’energia si potesse comprare scambiare cambiare allora si che sarebbe interessante, ma se uno nasce affetto da energia introspettiva malinconica e nevrotica non può barattare nient’altro che silenzi.
Quella mattina era deciso, voleva prendere appuntamento con un tatuatore e farsi tatuare qualcosa, qualsiasi cosa sul petto.
Origami.
Qualcosa di delicato.
Anzi no , no, un elemento chimico un parallelepipedo una roba piena di spigoli oppure un cubo nero.
Ma a chi la dava a bere.
Che noia la sua finzione verso l’apparire.
Non esisteva non era vivo non poteva esserlo altrimenti qualcuno lo avrebbe coinvolto in qualche esperienza ludico/sportiva .
E mentre pensava a queste cazzate si rese conto di quanto fosse vittima di una superbia incontrollabile .
Fuori nel mondo c’erano le solite infinite guerre i soliti stronzi capi di stato e la solita merda del potere .. e lui non faceva che pensare a come cambiare se stesso in funzione di qualcun altro che manco conosceva.
Continuò a leggere l’ultimo romanzo , si fece una doccia e prese la macchina . Calcolando che avrebbe fatto  circa 132 km andata e ritorno.
E che sarebbe rientrato entro la mezzanotte.

Da solo.

giovedì 12 marzo 2015

Parigi



Maison Sauvage

Due gemelli musicisti di musica popolare italiana che suonano dalla mattina alla mattina dopo.

Una psicologa insegnante che dipinge e canta e parla napoletano ma è salentina.
Una attrice marchigiana che parla napoletano e francese e spagnolo e canta ed è uguale alla Tata Francesca Cacace e si spoglia ogni tanto e diventa una ragazza d'altri tempi che aspetta il cocchiere.
Un attrice di Milano ma calabrese che imita la Vanoni e canta e canta e canta e ride e fa ridere e mangia e ride e fa ridere e mangia e canta e imita la Vanoni.
Un altra attrice e regista di Bologna colei che ha creato tutto questo strano incontro di queste strane persone alla Maison Savage e che trasuda entusiasmo e amore per l'umanità.

e Io che sono io e in silenzio sorrido.


Una settimana a Parigi alla Maison Sauvage.

Una casa ricavata in un ex fabbrichetta di olio ,
vetrate e vetrate e piante ovunque e quel parquet scuro e piante e vetrate e parquet pregno di odori di trementina e olio e pennelli e legno e cuori sacri messicani e musica.

La doccia in cucina a vista e il bagno in cucina a vista e le porte... non ci sono.

Non c'è intimità né si cerca, ma se ne crea tanta quando di sera si parla sottovoce e si cammina scalzi e il rumore della pipì si confonde con quello del caffè.

Riuscire a defecare diventa un motivo di convivenza estrema o semplicemente un azione da fare con estrema indifferenza o come una performance dal titolo : non aprite quella porta... perché quella porta non c'è.


I pasti accompagnati da Vodka col filo d'erba , dolce come un profumo francese da boutique per signore.

Lo Champagne nei "passage" ...
Il vino francese con i formaggi francesi speziati col cumino indiano.
L'acqua troppo cara da comprare ma c'è quella del rubinetto disponibile ovunque.

I ragazzi italiani lavorano come artisti e ricevono sovvenzioni per pagare gli affitti alti e hanno la disoccupazione e i sussidi,

anche i ragazzi che studiano hanno borse di studio e agevolazioni e tutti hanno almeno 2 lauree brevi ma a 26 anni parlano di storia e filosofia come vecchi professori universitari già stanchi.

I ragazzi Italiani si lamentano che i Francesi sono gentili ma distaccati , sorridono si sorridono, si sono gentili, si si ma non sono calorosi non sono caldi.

I ragazzi Italiani del sud spesso vanno alle feste di musica popolare Italiana o Cubana o Cilena o Colombiana o del sud di qualche sud del mondo...

Spesso i ragazzi Italiani del sud dell'Italia cantano a squarcia gola per strada le canzoni di Toto Cotugno Rita Pavone e Mina e Celentano.


Si lamentano di Parigi ma ridono e suonano e cantano e poi si lamentano.


Ci si lamenta di tutto.

Della povertà e della ricchezza degli altri di altri che chissà chi.
Del lavoro ci si lamenta sempre del lavoro o troppo o troppo poco o troppo poco pagato .

A Parigi c'è molta luce e tanta bellezza e moltissimi ragazzi e file di gente ovunque .. file di file per fare la fila...e file in fila anche per entrare in un locale all'aperto.


si...c'è molta molta gente molti molti ragazzi e i turisti si mischiano a tal punto da non riuscire a capire chi sia lo studente chi l'autoctono chi di passaggio chi di fuga chi per amore chi per lavoro chi per scelta e chi per scelta di altri e chi per emigrazione immigrazione migrazione.


Il bidet non capisco non riesco a capire perché non ci sia.


Parigi è Europa e l'Europa è bellissima.


Romantica pulita elegante folle sporca silenziosa e caotica verde cielo acque blu aria zingari popoli etnie danze sudore birre e noccioline spezie wok e coriandolo e involtini cinesi e pesce e carne e mostarda e patatine e chiese e moschee e militari con i mitra in mano e con la mimetica all'ombra di un sole caldissimo e cartoline dei primi del 900' e absentio per ricordare i dadaisti e i surrealisti e storia in ogni quartiere storie in ogni incrocio di sguardi.


Poi chissà...


ognuno ha una casa dentro di sé con o senza porte con o senza parquet con o senza musica ognuno (si) abita come vuole e ognuno subisce la fame a suo modo e ognuno si sente affollato o super affollato e soffoca e sente i silenzi e le mitragliate, ognuno dentro di sé ha la propria Europa piena di contraddizioni e di cibo cinese, ognuno ha una casa che ha freddo che defeca che si ubriaca e che cerca conforto nel lamentarsi di qualcosa... di qualunque cosa...


abitanti di noi


coinquilini di una terra in un qualche posto di un universo infinito


infinito













lunedì 23 febbraio 2015

Studio#1-  La Mosca nella Carne
Di e con Rita Felicetti

Scritto da Rita Felicetti con l’aiuto prezioso di Conrad McLoud
Supervisione Mila Vanzini
Aiuto Tecnico luci/musiche Carlotta Pircher

credits : Cantieri Simone Weil di Piacenza, PerAspera  e  Maison 22 di Bologna , I.A.C. di Matera.
Un grazie particolare a Daniele De Vitis per le idee a tavolino.
A Claudia Iormetti per tutti i libri di Simone Weil che mi ha regalato.
A Giovanna Riccardi per il sostegno intellettuale e per il “Padre Nostro” di S.Weil

(durata dello studio 20’ – adatto a tutti - stile : ironico)









“L'essere umano ha il potere di rivolgere la propria attenzione e il proprio amore alla bellezza.”Simone Weil

Studio#1 – la mosca nella carne- è un monodialogo che nasce dal principio che accomuna il teatro“all'esperienza di verità”di Simone Weil :“aprire uno squarcio su quella realtà fuori dello spazio e del tempo che spesso non è presente nella coscienza”.
Il dialogo tra una performer di 36 anni viva nel 2014 e una filosofa attivista morta a 34 anni nel 1943 porta a ironici confronti e qualche contraddizione.
Entrambe parlano di realtà estranee al mondo, di desideri, di bisogni, di esseri umani e di essere umani.
Una lo fa con urgenza e passione; l'altra con ironia e sarcasmo.
La passione di Simone Weil nasceva dalla consapevolezza che l'unica vera prova per interrogarsi e fare filosofia era quella di calarsi nella realtà e affrontarla.
La sua realtà non è cambiata: ancora oggi bisogna dare un contributo concreto alla lotta culturale, resistere e contrastare il sistema con la ricerca“ del rispetto che sempre e comunque è dovuto ad ogni essere umano” senza distinzione di razza di sesso di genere.
Perché questo dialogo
Ci costringono a chiederci a cosa possa servire l'arte, qual è la sua “utilità/inutilità”.
Simone Weil mi ha aiutato a capire che la ricerca della bellezza è un bisogno dell'essere umano tanto quanto quello di mangiare, bere, desiderare, disobbedire, contraddirsi, sentirsi libero di amare, sentirsi al sicuro con i propri doveri e i propri piaceri, respirare e non annoiarsi.

Ridere è un bisogno.
Commuoversi lo è.
Studiare è un bisogno.
Confrontarsi lo è.
Criticare commentare sghignazzare è un bisogno. Cantare urlare ballare sono bisogni.
Non fare nulla lo è.
Se ogni bisogno è suggerito da un'attenzione comune ad un mondo che c'è fuori di noi, allora è un bisogno perfetto.





Studio#1 La Mosca nella carne- sugli obblighi verso l'essere umano di S.W.

https://www.youtube.com/watch?v=7rH_h1SZfc8